Psicopatologia generale. Un’introduzione
Di Christian Scharfetter
VII edizione tedesca
III edizione italiana
Presentazione
Richiesta importante di tutti coloro che si occupano di pazienti nella pratica psichiatrico-psicoterapeutica è di poter descrivere i disturbi psichici in modo chiaro e comprensibile, di poterli inserire in un’adeguata cornice di orientamento e di potersi riferire ad approcci utili per la loro comprensione. Questo libro tratta di una psicopatologia elementare e orientata alla pratica. Ordina i fenomeni descrivibili, insegna la precisione indispensabile nel descrivere e nell’utilizzare i concetti e consente sguardi nel retroscena dell’insorgenza del disturbo psichico.
Presentazione dell’edizione italiana
di Giorgio Castignoli
Ritorna a disposizione del lettore la traduzione in lingua italiana della Psicopatologia generale di Christian Scharfetter, giunta alla settima edizione tedesca, più ricca, completa e aggiornata.
I fondamenti della psicopatologia costituiscono un prerequisito ineludibile per ogni ragionamento clinico o diagnostico. Il progetto clinico e, prima, quello nosografico trovano nell’esplorazione del fenomeno psicopatologico una premessa fondante e una cornice di significato.
Il bisogno primario per ogni clinico, sia esso medico-psichiatra, psicologo o psicoterapeuta, è proprio quello di possedere strumenti che consentano di esplorare il campo del come delle esperienze soggettive patologiche prima di affrontare il terreno del che cosa nosologico o del perché etiopatogenetico (dinamico).
Questo è propriamente il luogo della psicopatologia: un luogo ove la relazione tra sintomo e sindrome non è ancora intesa in senso specifico, né univoco.
Risulta oggi indispensabile, in specie per chi è chiamato alla professione di psichiatra o di psicoterapeuta, accedere a una formazione centrata su quella particolare disciplina “di base”, che è la psicopatologia generale descrittiva, oggetto quasi scomparso dai percorsi di formazione universitaria.
L’impegno sempre più evidente verso una normalizzazione della disciplina psichiatrica in seno al mainstream della scienza delle evidenze ha via via portato a ridurre la psicopatologia a banale esercizio semeiotico (doveroso, ma non sufficiente) e a mero progetto criteriologico. La disciplina dei segni si vorrebbe ridotta all’analisi di fatti epurati dal corredo dell’esperienza soggettiva.
Questa sensibilità è fatta propria dall’autore, che ha la premura di accogliere il lettore fornendo una guida al testo sia in sede di prefazione sia nello svolgimento del primo capitolo.
Orientandosi tra ideografia e nomotesi, cioè a dire tra approfondimento del fenomeno psicopatologico colto nel caso individuale e sua generalizzazione nell’universale, Scharfetter imposta un testo rigoroso, che tutti abbiamo imparato a riconoscere come testo guida. Lo sguardo è costantemente rivolto a cogliere tanto l’esperienza soggettiva, così come auto-percepita e auto-descritta, quanto la condotta, esplorata con sguardo neutrale.
L’impostazione del testo fa proprio il precetto fenomenologico per cui il singolo fenomeno può rimandare all’intera persona: sono infatti convergenti l’analisi del fenomeno psicopatologico come appare nell’osservazione contingente e il riflesso che questo può avere nel dire di una intera esistenza, proponendo un enunciato circa la natura dell’essere del sofferente. Ecco che Scharfetter si inscrive nel solco della più nobile tradizione europea quando insiste nel tratteggiare la psicopatologia, nella sua “Introduzione”, come disciplina unitaria e autonoma, capace di andare ben aldilà della patologia del psicologico: la psicopatologia descrive e denomina esperienze e condotte, ma consente di vedere, oltre al tratto patologico, anche quello sano e perciò di individuare le risorse del paziente.
La disciplina dei segni rimane prioritariamente studio dell’esperienza e consente quindi all’osservatore (che solo in questo modo si qualifica come specialista) di dare significato all’abnorme psichico, altrimenti destinato alla rubrica dell’alienazione, ponendo piuttosto le basi per un percorso inferenziale di interesse dinamico e psicopatogenetico.
Nella trattazione viene a essere tenuto in debito conto quel filtro che può relativizzare il dato osservativo, costituito dal riferimento al luogo e al tempo. Vale a dire che l’analisi di condotte ed esperienze apparentemente patologiche va posta in relazione al senso comune, che detta il riferimento a ciò che può essere inteso come parametro di norma e ciò che non può esserlo, in base agli orientamenti di una determinata cultura, ambito sociale, fede religiosa e spirito del tempo.
Scharfetter ordina l’“Introduzione” in modo chiaro e didascalico, dispiegando con compiutezza topografica una sistematica del patologico: ogni capitolo spiega una funzione, ne dettaglia la fisiologia, ne illustra l’alterazione patologica, infine ne definisce il contesto. Quest’ultimo indica specificatamente la possibile area diagnostica di riferimento, non senza aver fatto cenno alle variabili causali, siano esse di ordine biologico o psichico. A esso è sempre collegato l’esempio clinico, report essenziale per ogni manualistica che intenda offrire al clinico in formazione la concretezza della rappresentazione idiografica del caso. Un identikit, da Scharfetter trasformato in icona, che coagula il fenomeno dell’abnorme psicopatologico, colto in esempi tramite le parole del titolare dell’esperienza o l’attenta osservazione del suo comportamento.
In questo modo l’Autore, come un tempo il maestro, accompagna il discente al cospetto del paziente, dà rilievo a un fenomeno, lo inquadra, propone inferenze etiopatogenetiche e soluzioni diagnostiche. In una parola insegna quel fare psicopatologico che è precipuamente clinico, senza il quale l’edificio della psichiatria, come di ogni psicoterapia, si troverebbe senza fondamenta.