Description
La paziente lettura di questo testo, come in genere accade con Schneider, riserva continue lezioni critiche e metodologiche, precisazioni minuziose, osservazioni e nozioni cliniche di primaria importanza. L’evidente distanza dalla letteratura attuale sui disturbi di personalità ha “come effetto collaterale”, quello di farci comprendere quanto il sapere psichiatrico sia influenzato storicamente e socialmente e come i mutamenti che apporta lo scorrere del tempo non sempre possano essere identificati, in psichiatria, come progressi. Del resto, come afferma lo stesso Schneider nella sua prefazione, “una scienza che non conosce la propria storia, non comprende se stessa”. Dal lato clinico è in primo luogo la tendenza schneideriana a tenere separato l’ambito delle psicopatie da quello delle malattie propriamente dette a farci riflettere oggi, nell’epoca in cui la disponibilità di trattamenti farmacologici tende piuttosto a collocare tutti i pazienti in “Asse I”, cioè in disturbi alla fin fine biologicamente determinati, cioè nell’ambito delle “malattie” in senso schneideriano. Schneider rubrica infatti tra le personalità abnormi tutti i (tanti) casi che nell’ottica odierna dovremmo considerare affetti da disturbo ossessivo-compulsivo, distimia, forme leggere di disturbo bipolare, disturbi somatoformi, d’ansia generalizzata, del controllo degli impulsi, con tutte le forme di tossicofilia connesse. È un’idea da rivalutare, a fronte della scarsa o insufficiente risposta ai trattamenti farmacologici della maggioranza di questi casi classificati secondo i criteri più attuali come “bipolari II”, “depressi sottosoglia”, “ciclotimici”, tanto per fare qualche esempio.
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