SOGNI DI UNO SPIRITISTA. L’empirismo visionario di Carl Gustav Jung

16,00

Mauro La Forgia

Weight 0,3 kg
Dimensions 16 × 24 cm
Pagine

106

Anno

2009

ISBN

978-88-95930-12-1

Target

Psichiatri, psicologi, psicoanalisti, psicoterapeuti, medici, operatori sociosanitari, studenti universitari, pubblico colto

Description

L’interesse di Jung per lo spiritismo e la parapsicologia attraversa l’intero sviluppo della sua opera. È un interesse solo a tratti riconosciuto, più spesso filtrato da una posizione teorica che, pur tendendo a ricavare dalla metapsichica ogni possibile stimolo, occulta sistematicamente quest’imbarazzante filiazione.

In questo libro viene ristabilito il legame esistente tra alcuni dei principali costrutti della psicologia junghiana e tale “anomala” base empirica, prendendo le mosse dalla rivisitazione in chiave metapsichica della dottrina di Kant che Jung sviluppa nei suoi studi giovanili e nella quale vengono gettate le basi del suo originale approccio ai fenomeni psichici.

Il risultato di tale ricostruzione è sorprendente: non solo è rintracciabile l’origine parapsicologica di gran parte delle proposizioni della teoria junghiana ma è anche possibile ricondurre a un’intenzione teorica coerente quegli scritti sull’Energetica psichica e sulla Sincronicità che apparivano come divagazioni difficilmente riconducibili al corpus della dottrina junghiana.

Il libro riappare a distanza di vent’anni dalla prima edizione dopo un certo sotterraneo successo: vendute o scomparse le copie “ufficiali”, copie apocrife e traduzioni in lingue nordeuropee spuntavano qua e là nei meandri di internet, senza che si arrivasse a sapere chi ve le avesse immesse e se fossero rispettose del testo originale. Di qui l’esigenza di una nuova edizione, riveduta, ampliata e resa più fluida in alcune parti, ma sostanzialmente rispettosa del testo del 1991. Sia soggettivamente che oggettivamente è trascorso molto tempo: l’idea junghiana che una più profonda conoscenza dei processi psichici potesse provenire da una sorta di ampliamento dei correlati empirici, “oggettivi”, di tali processi – ampliamento peraltro ricercato in zone interdette alla scienza, e cioè nell’occultismo e nella parapsicologia – faceva sorridere già vent’anni fa gli appassionati di una psicologia junghiana ancora in voga e appare oggi più una divertente curiosità che un’accettabile prospettiva d’indagine.

Ma la filosofia istintiva di uno Jung che confonde il soggetto trascendentale kantiano con le soggettività metapsichiche, l’intuizione geniale di un “cacciaballe” (come lo chiamerebbe Dario Fo) che inventa dispositivi di indubbia efficacia clinica a partire da una coraggiosa presa in carico del paranormale nella psicologia del profondo non possono non costringerci ancor oggi ad interrogarci sulle fonti della conoscenza psicologica: se non sia lecito ricercarle ovunque il linguaggio “inventi” un universo di significati, nella religione come nella metapsichica, nella matematica come nella chiacchiera di una casalinga, purché si rimanga nella perfettibile efficacia e presa veritativa del gioco dei codici, e non si cerchi qualcos’altro.

Jung in questo cammino è a metà strada: inventa empirie sorprendenti sulle quali edificare costrutti visionari (la psiche “oggettiva”, i “complessi” ecc.) ma s’impiglia sul valore oggettivo di tali costrutti e paga un tributo che oggi consideriamo sinceramente inaccettabile a un’idea dogmatica di verità. Restano le delicatissime pagine di Anima e morte, le divertenti e consolatorie osservazioni sull’immortalità del Puer, gl’improbabili avvicinamenti tra fisica quantistica e psicologia (che hanno fatto la felicità di molti mitomani junghiani) a testimoniare che anche lo Jung migliore sa afferrare vissuti intimi o rutilanti, sa descriverli giocando con le parole, riesce a lenire la sua e la nostra sofferenza con immagini efficaci, ha capito bene che la conoscenza di noi stessi e del mondo può pervenire da qualunque fonte…

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