Psichiatria & Psicoterapia

Il Centro Antiviolenza: un’esperienza di convivenza | WOMEN’S REFUGE: A CONVIVENCE EXPERIENCE

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[:it]La prassi psicologica è attualmente caratterizzata dalla coesistenza di due differenti paradigmi che ispirano due metodi diversi, che spesso mirano a differenti risultati. Il primo modello considera la psicologia clinica ancorata al modello medico, definendo lo stato di salute come coincidente con l’assenza di malattia e identificando a priori i parametri della normalità. In quest’ottica, lo scopo dell’intervento psicologico è individuare lo scarto tra il soggetto e il modello di normalità condiviso e mira a colmare questa discrepanza con protocolli precostituiti orientati da obiettivi ortopedici, che si prefiggono di restaurare una presunta condizione di normalità definita a priori. Questa concezione dello “stato di salute”, in generale ed in particolare in campo psicologico, è affiancata dall’ottica che considera la psicologia come scienza che struttura i propri interventi nella relazione tra individuo e contesto, avendo come obiettivo lo sviluppo delle relazioni tra individuo, istituzioni e contesto. A tale proposito, la rivoluzione psichiatrica ha avuto un ruolo centrale nello spostare il focus dell’intervento psicologico dal ripristino di una condizione di (presunta) normalità alla cura delle relazioni tra individuo e contesto, in cui il clinico è inserito, e rappresenta il punto di partenza per una riflessione sulle dinamiche istituzionali. A tale proposito, sarà riservata particolare attenzione ai miti delle origini che si pongono alla base delle istituzioni stesse, in questo caso dei Centri antiviolenza, e su come la storia intorno alle origini può influenzare la pratica psicologica all’interno dei contesti istituzionali. Lo scopo del contributo è descrivere alcune criticità emergenti nella relazione di sostegno con le donne vittime di violenza, tenendo conto della duplicità metodologica della prassi psicologica e dell’influenza dei miti delle origini dell’istituzioni nella pratica clinica. Alla luce di queste considerazioni sarà quindi approfondito come la ripetizione di una dinamica fusionale, in cui il riconoscimento della differenza e i processi di simbolizzazione sono messi in scacco, si estende alla relazione tra utente, clinico e istituzione Centro Antiviolenza, nella messa in atto di protocolli precostituiti. Sarà quindi illustrato come, nella presa in carico delle donne vittime di violenza, sia auspicabile non fare riferimento a protocolli precostituiti, co-costruendo l’intervento nella relazione con l’utente, riconoscendo le peculiarità della domanda di aiuto nel contesto in cui è inserita.[:]