UN DIALOGO IMMAGINARIO SUL METODO ANALITICO: L. WITTGENSTEIN E J. HILLMAN, TRA SAPERE SCIENTIFICO E MITOLOGIA

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Descrizione

[:it]Un dialogo sul metodo analitico, considerando le posizioni dei nostri due autori, non poteva che condurci verso una riflessione sul linguaggio psicologico. Nell’ambito della psicologia del profondo la proposta di Hillman si traduce nel tentativo originale di individuare nel linguaggio metaforico e mitico dei deliri, delle fantasie psicologiche, delle immagini oniriche, ecc. le radici archetipiche e animiche che ne strutturano la configurazione. Di conseguenza il metodo enuclea lo stesso linguaggio della metafora sul quale intende proiettare la luce. A tal fine è necessario prendere le distanze dalla verifica empirica così come viene concepita dalle scienze naturali o dalla psicologia sperimentale. Una riflessione sul linguaggio delimita, in questo modo, il campo di indagine ed in particolare, secondo la prospettiva di Wittgenstein, a sua volta viene determinato dai giuochi linguistici. Questi ultimi, riconosciute le debite differenze, hanno finito per rappresentare, prima per Wittgenstein e successivamente per Hillman, lo sfondo imprescindibile sul quale leggere i dati dell’esperienza. I fatti empirici della psicologia del profondo, così come si snodano attraverso la storia del caso clinico, i dati anamnestici e diagnostici, i rapporti transferali e contro-transferali, ecc. confluiscono a costituire finalmente un racconto. Secondo la prospettiva di Hillman tale racconto poggia su dei modelli archetipici, dei “mitologemi”. In tal senso esperire non significherà percepire oggetti o cose, bensì parole, immagini, espressioni, significati e personizzazioni. Ciò comporta una precisa indicazione metodologica che implica, d’altra parte, un passaggio obbligato dal campo della verifica empirica a quello dell’analisi del linguaggio. In effetti, se Hillman, da un lato, a livello ontologico, riconosce agli archetipi una realtà noumenica per definizione inconoscibile, dall’altro, in termini semantici, sottolinea come qualsiasi definizione che concerne questi ultimi rientri nell’ambito della metafora. Inoltre, se il linguaggio metaforico è ciò che rappresenta i concetti ed i nomi della psicopatologia, una volta abbandonato il nominalismo, questi non confermeranno la loro verificabilità empirica ma, al contrario, il loro autentico aspetto metaforico o mitico. Questo punto di vista avrebbe trovato entrambi perfettamente d’accordo: la psicologia del profondo è una delle attuali forme di mitologia . Come è noto, per i nostri due autori, questa constatazione, lungi dall’apporre un suggello definitivo di chiusura all’avventura speculativa e terapeutica della psicologia del profondo, ha costituito la premessa indispensabile per giungere a conclusioni diverse sul terreno comune della chiarificazione del linguaggio.[:en]A dialogue on the analytical method taking into account our two authors’ positions couldn’t but lead us to a reflection on psychological language. Within depth psychology, Hillman’s proposal constitutes an original attempt to detect in the mythic and metaphorical language of delirium, in psychological fantasies, oniric images, etc., the animic and archetypal roots that shape its configuration. Hence the method enucleates the same language of metaphor which it intends to shed light upon. In order to do so, it is necessary to distance from the empirical verification as it is conceived in natural science or experimental psychology. Thus a reflection on language delimits the field of research and, from Wittgenstein’s perspective, is determined by word games. Made the due differences, word games resulted in representing, first to Wittgenstein then to Hillman, the background through which interpret the data of experience. The empiric events of depth psychology, the diagnostic and anamnestic data, the transferral-countertransferral relationships, etc., all contribute to form a narrative lying, according to Hillman, on archetypal models called “mythologems”. In these terms, experiencing does not mean perceiving things, but words, images, expressions, meanings and personifications. This kind of methodology implies a shift from empiric verification to language analysis. In fact, though ontologically Hillman acknowledges archetypes as having a noumenic reality unknowable by definition, semantically he underlines how any definition of them falls within the field of metaphor. Besides, if metaphorical language is what represents the concepts of psychopathology, once nominalism is abandoned, they do not confirm their empiric verifiability, but their authentic mythic or metaphorical aspect. The two philosophers totally agreed on depth psychology as being one of the current forms of mythology. This starting point was the necessary premise for the authors to come to different conclusions on the common ground of language clarification.[:]

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